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Il Male antico, episodio III

#13: Tra Orcus e Kelariel non mettere il dito

Gli Impavidi si affrettano in qualche rapida compera all'emporio di Dolce Inverno e partono tosto in direzione della Fortezza.

La mattina è giovane, fredda e piovosa, ma in breve la strada termina contro la cinta muraria in rovina dell'antico bastione. Con fare circospetto i Nostri entrano attraverso i cancelli sfondati e ammirano uno spettacolo di macerie e ombre di antiche glorie. Davanti a loro, perfettamente ignorata, si innalza la parte centrale del castello, ancora quasi intatta. Ma il gruppo sembra più interessato a setacciare la corte interna e, ovviamente, si divide.

Adrian e Khursos, a destra del maniero, tra strutture in rovina e torri crollate, scoprono una quindicina di orchi in tenuta di guerra intenti a scaldarsi attorno ad un fuoco, riparati sotto quel che rimane di una tettoia. Adrian produce il suo primo piano di battaglia e lo comunica con enfasi al compagno che, per fortuna, lo dissuade, aumentando a una ventina il numero di nemici, tanto per ottenere maggiore presa sulla fuorviabile mente del chierico. Convintisi a non affrontare gli orchi, i due tornano zitti zitti verso l'ingresso in cerca di Thomas e Geov.

Nel frattempo i due ranger hanno seguito una pista uditiva: latrati di cani, ovattati ma continui e insistenti. Lungo il lato occidentale della Fortezza trovano una casupola ricostruita alla meno peggio e un forte odore canino li assale. Entrando dentro la casupola trovano una decina di cani denutriti e molto aggressivi, fortunatamente legati a corte catene. Geov, impietosito, getta loro qualche razione, gesto che gli permette di perlustrare senza timore l'interno del casolare mentre Thomas ne controlla gli esterni.

Le ricerche di Geov sono fruttuose e il ranger trova una botola, per nulla nascosta in verità, che si apre sulla più classica delle scalinate di pietra e la sua promessa di un dungeon da razziare.

Ma ecco che Khursos e Adrian li raggiungono e raccontano loro quanto hanno scoperto. Adrian cerca nuovamente di aizzare i compagni contro gli orchi, ma sembra che tutti custodiscano abbastanza buonsenso e doti matematiche per capire che 4 contro 20 sia ancora un tantino impari. Il gruppo, a parte uno sconsolato Adrian, è quindi convinto ad entrare nel dungeon quando Thomas introduce il giusto dubbio:

"Ma i cavalli saranno al sicuro là fuori con gli orchi?"

Khursos decide quindi di andare a nascondere le cavalcature e il carretto e Thomas si offre di accompagnarlo mentre Geov, suo malgrado, resta ad aspettarli insieme ad Adrian (che ancora tenta di convincerlo ad una pugna con gli orchi).

Khursos è già arrivato al cancello quando si imbatte nella figura poderosa di un orco. Il draconide resta fermo: l'orco lo fissa, l'ascia da battaglia già in mano, immobile. Poi leva un braccio in un gesto che sembrerebbe essere di saluto. Khursos, un po' impacciato, tenta di replicare il gesto mentre Thomas già indietreggia.

L'orco avanza di qualche passo e intavola un dialogo nelle prime battute del quale Khursos si brucia ogni carta:

"Che ci fate qui? Siete anche voi al servizio del Gracilino?"

"No. Siamo avventurieri buoni, sai quelli che di solito picchiano quelli come te. Stiamo esplorando queste rovine, adesso ammazziamo tutti i cattivi dentro il dungeon e portiamo via i tesori"

Forse le parole non furono esattamente queste, ma certo ne riassumono senso e significati intrinseci. Per fortuna l'orco non pare brillare di intuizione e, con niente più che una istintiva antipatia per il draconide, lo intima a presentarsi al suo capo, tale Grundak.

Thomas nel frattempo, al grido di "vado a pisciare" espresso con il tono più cameratesco che gli riesca, si allontana e va a riferire a Geov. Il ranger, capita la situazione e il pericolo imminente, si fionda all'esterno e raggiunge il compagno, tentando di apparire come il leader e iniziando a sua volta a parlare come l'orco.

"Si, siamo qui per il Gracilino!" esclama ancora da lontano, tentando di recuperare il recuperabile. Ma l'orco è dubbioso e insiste perchè lo seguano dal suo capo che nel frattempo, attirato dal rumore, arriva assieme ad una schiera di orchi.

Qui, resettata la situazione, Geov prende in mano il dialogo e si finisce col capire che gli orchi stanno attendendo una risposta da un certo Gracilino (che l'Ingegno dei Nostri identifica con Kelariel) circa la cifra di ingaggio. Anche Geov spaccia i Compagni per una banda di mercenari al soldo del Gracilino. La cosa non sembra piacere agli orchi che, a loro detta, si rifiutano di lavorare con "Ossafragili e Squamati"; insoddisfazione che porta Grundak a promettere un rialzo del prezzo di ingaggio.

Ma l'orco dice anche altro. Se la cifra non verrà rispettata se ne andranno (magari staccando prima qualche testa) e muoveranno verso est, lungo la vallata, dove sembra che un elfo oscuro stia radunando gente capace di uccidere, promettendo oro e razzie a volontà.

Terminato il dialogo nessuna delle due parti sembra intenzionata ad attaccare: i Nostri per le già dette cause, gli orchi per via, pare, di un certo timore reverenziale nei confronti dei servitori di Orcus.

Fattostà che gli orchi se ne tornano al loro accampamento e i Compagni al loro dungeon.

Discesa la scalinata di pietra inizia subito la bagarre con alcuni goblin. Geov parte alla carica e cade come un pivello nella più elementare delle trappole: l'attimo dopo si ritrova tre metri più in basso, assalito da uno sciame di topi.

Altri goblin in breve accorrono e l'iniziale scaramuccia diventa un impegno serio, tanto che i Nostri devono fare ricorso a potenti risorse per uscirne.

Sistemati i goblin, il gruppo sceglie una direzione e si incammina. Giunti ad una stanza con tre porte ne identificano una che si direbbe condurre in un altro covo di goblin. Adrian, prendendo un po' tutti di sprovvista, bussa.

Dopo pochi istanti la voce gracidante di un goblin, con tono vagamente interrogativo, chiede:

"Chi è?"

I Compagni si guardano: alcuni dirigono gestacci nei confronti di Adrian, mentre Khursos se ne esce con un:

"Khursos"

Dall'interno sentono il goblin dire con qualcun altro :

"E' Khursos"

"Khursos chi?" risponde una voce pesante.

La mente del goblin lavora rapida e giunge alla conclusione. "Ma chi diavolo..." esclama mentre apre la porta, ma Khursos è già pronto: la sua alabarda si schianta su goblin, porta e muro, gettando il poveretto dentro la stanza. Inizia il secondo scontro. Adrian si getta nella stanza, che sembrerebbe una sala delle torture, e affronta un tozzo hobgoblin armato di ferro rovente. Subito il suo acume identifica qualcosa di familiare nel nemico, ma la battaglia è pressante e c'è poco tempo per i dettagli.

A scontro terminato, tuttavia, Adrian torna sul cadavere del torturatore e vi trova, nella lurida mano, un anello a lui noto: ne portava uno identico suo zio, e l'ultima volta che vide suo cugino Benjas l'anello era al suo dito!

"Mio cugino è stato qui! Questo è il suo anello!"

"E questo è il suo dito" aggiunge Geov, recuperando la reliquia dal tavolaccio di tortura.